Christoph Theobald, un gesuita francese naturalizzato tedesco, uno dei più quotati teologi viventi, sostiene che il cristianesimo in Europa ha subito una “esculturazione”, cioè è stato espulso dalle culture occidentali: Dio non interessa, la parola di Dio non è conosciuta né ricercata, ma persa nella babele dei messaggi dentro il frastuono della comunicazione globale e i valori cristiani non fanno più parte del “sentire” civile.
La stessa cosa potremmo oggi definirla a livello mondiale in merito alla dimensione umana. L’umanesimo, in questo mondo segnato da lotte, conflittualità, guerre, disumanizzazione dell’avversario anche nel linguaggio, violenze verbali e fisiche su innocenti, uomini ridotti a carne da cannone o di guadagno per gli interessi di pochi…, sembra scomparso. L’uomo stesso nella sua dignità, sembra “esculturalizzato” dal nostro mondo: altre logiche e altri interessi (disvalori) lo muovono.
In questo contesto qual è oggi il compito della Chiesa e dei cristiani?
Theobald usa un’immagine suggestiva: quella del “rabdomante”, cioè di colui che cerca l’acqua che si nasconde sotto la terra.
Secondo lui, in questo contesto, il compito della Chiesa e dei cristiani è quello di diventare “rabdomanti”, cioè persone che sanno cercare sotto il deserto della storia, in mezzo alle immondizie di questo mondo, quella sorgente di acqua pura, quei segni del Regno di Dio, quei di semi del Verbo ancora presenti.
Siamo chiamati ad essere rabdomanti per scoprire sussulti di umanità, di pace, di vita, di bellezza nelle pieghe e nelle piaghe della storia.
Essere rabdomanti significa realizzare quello che Papa Francesco ci ha insegnato: che la chiesa non è fatta solo da chi viene in chiesa, come Gesù che dava il suo annuncio di salvezza a tutti gli uomini e sapeva cogliere segni di salvezza anche al di fuori della fede degli osservanti della legge. “In Israele non ho mai trovato una fede così grande” diceva, ed era capace di cogliere, di vedere, di riconoscere e mettere in rilievo questi segni: anche Lui è stato un “rabdomante” del Regno di Dio!
Ed è questo che vogliamo vivere noi quest’anno, “per una Chiesa sinodale e missionari”.
Attraverso i Dialoghi con la città, il Centro culturale don Mazzolari, il Centro Carlo Maria Martini, la programmazione di Sala Argentia, quest’anno vogliamo cercare quell’acqua viva lì dove sembra proprio assente, cioè nella vita di chi porta nella sua carne le conseguenze drammatiche anche del proprio errore. Vogliamo cercare nel cuore di chi è ferito, di chi si trova ristretto nel buio della storia del mondo, sotto le macerie di questa umanità, la luce di Gesù, vivo, risorto.
Il nostro discernimento dei segni dei tempi, da “rabdomanti” deve confluire nel modo di concepire la nostra ospitalità ecclesiale e il nostro modo di ascoltare il Vangelo di Dio o di ascoltare Lui parlare a noi e alla sua Chiesa attraverso il suo Spirito Santo.
Saremo così una presenza, speriamo il più possibile credibile (pur se anche noi con le nostre debolezze e fragilità), dentro la storia, racconteremo così la presenza gratuita del Vangelo di Dio e di Dio come Vangelo.
don Paolo
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