Chi era Papa Benedetto XVI?

«Teen ager» teologico al Concilio
Classe 1927, figlio di un gendarme, nato in una famiglia semplice e cattolicissima della Baviera, Joseph Ratzinger è stato un protagonista della Chiesa dell’ultimo secolo. Ordinato prete insieme al fratello Georg nel 1951, diventa dottore in teologia due anni dopo e nel 1957 ottiene l’abilitazione all’insegnamento come professore di teologia dogmatica. Insegna a Frisinga, Bonn, Münster, Tubinga e infine Ratisbona. Con lui scompare l’ultimo dei Pontefici coinvolti personalmente nei lavori del Concilio Vaticano II. Da giovanissimo e già stimato teologo, Ratzinger aveva seguito da vicino l’assise come perito del cardinale Frings di Colonia, vicino all’ala riformatrice. È tra coloro che criticano fortemente gli schemi preparatori approntati dalla Curia romana, poi spazzati via per decisione dei vescovi. Per il giovane teologo Ratzinger, i testi «dovrebbero dare risposte alle questioni più urgenti e dovrebbero farlo, per quanto possibile, non giudicando e condannando, ma usando un linguaggio materno». Ratzinger esalta la riforma liturgica in arrivo e i motivi della sua provvidenziale ineluttabilità. Dice che per ritrovare la vera natura della liturgia occorreva «forzare il muro del latino».

Custode della fede con Wojtyla

Ma il futuro Benedetto XVI è testimone diretto anche della crisi post-conciliare, della contestazione nelle università e nelle facoltà teologiche. Assiste alla messa in discussione di verità essenziali della fede e della sperimentazione selvaggia in ambito liturgico. Già nel 1966, un anno dopo la fine del Concilio, dice di veder avanzare un «cristianesimo a prezzi ribassati».

Paolo VI nel 1977 lo nomina appena cinquantenne arcivescovo di Monaco e poche settimane dopo lo crea cardinale. Giovanni Paolo II gli affida, nel novembre dell’81 la guida della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sono gli anni in cui l’ex Sant’Uffizio mette i puntini sulle «i» in tante materie: frena la Teologia della Liberazione che utilizza l’analisi marxista e prende posizione di fronte all’emergere di grandi problemi etici. L’opera più importante è certamente il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, un lavoro durato sei anni, che vede la luce nel 1992.

«Umile lavoratore nella vigna»

Dopo la morte di Wojtyla, Il conclave del 2005 chiama a succedergli in meno di 24 ore un uomo già anziano – ha 78 anni – universalmente stimato e rispettato anche dagli avversari. Dalla loggia della Basilica di San Pietro, Benedetto XVI si presenta come «un umile lavoratore nella vigna del Signore». Alieno da qualsiasi protagonismo, dice di non avere «programmi», ma di volersi mettere «in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore».

 Auschwitz e Ratisbona

Inizialmente schivo, non rinuncia ai viaggi: anche il suo sarà un pontificato itinerante come quello del predecessore. Tra i momenti più toccanti, la visita ad Auschwitz nel maggio 2006, con il Papa tedesco che dice: «In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché hai potuto tollerare tutto questo?». Il 2006 è anche l’anno del caso Ratisbona, quando un’antica frase su Maometto che il Pontefice cita senza farla propria nell’università in cui fu insegnante, viene strumentalizzata e scatena proteste nel mondo islamico. Da allora il Papa moltiplicherà i segni di attenzione verso i musulmani. Benedetto XVI affronta viaggi difficili, si confronta con la secolarizzazione galoppante delle società scristianizzate e il dissenso interno alla Chiesa. Il 20 aprile 2008, prega a Ground Zero abbracciando i parenti delle vittime.

L’enciclica sull’amore di Dio

Anche se da Prefetto dell’ex Sant’Uffizio era spesso stato bollato come «panzerkardinal», da Papa parla in continuazione della «gioia dell’essere cristiani», e dedica la sua prima enciclica all’amore di Dio, «Deus caritas est». «All’inizio dell’essere cristiano – scrive –  non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona». Trova il tempo anche per scrivere un libro su Gesù di Nazaret, un’opera unica che sarà pubblicata in tre tomi. Tra le decisioni da ricordare ci sono il Motu proprio che liberalizza il messale romano preconciliare e l’istituzione di un Ordinariato per permettere il ritorno alla comunione con Roma delle comunità anglicane. Nel gennaio 2009 il Papa decide di revocare la scomunica ai quattro vescovi ordinati illecitamente da monsignor Marcel Lefebvre, tra loro c’è anche Richard Williamson, negazionista sulle camere a gas. Esplodono le polemiche nel mondo ebraico, il Papa prende carta e penna e scrive ai vescovi di tutto il mondo assumendosi ogni responsabilità.

La risposta agli scandali

Gli ultimi anni sono segnati dal riesplodere dello scandalo pedofilia e da Vatileaks, la fuga di documenti sottratti dalla scrivania papale e pubblicati in un libro. Benedetto XVI è determinato e duro nell’affrontare il problema della «sporcizia» interna alla Chiesa. Introduce regole severissime contro gli abusi sui minori, chiede alla Curia e ai vescovi di cambiare mentalità. Arriva a dire che la persecuzione più grave per la Chiesa non arriva dai suoi nemici esterni, ma dal peccato all’interno di essa. Un’altra importante riforma è quella finanziaria: è Papa Ratzinger a introdurre in Vaticano le norme antiriciclaggio.

«Chiesa libera da soldi e potere»

Di fronte agli scandali e al carrierismo ecclesiastico, l’anziano Papa tedesco continua a fare richiami alla conversione, alla penitenza e all’umiltà. Durante l’ultimo viaggio in Germania, nel settembre 2011, invita la Chiesa a essere meno mondana: «Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa “demondanizzata” emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo…».


L’ULTIMO SALUTO SCRITTO DA BENEDETTO XVI

Un testo che conserva una grande attualità e ci aiuta a vivere questo momento della storia della Chiesa senza dar credito alle voci distorte di questi giorni

“È Dio che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. E vedo la Chiesa viva!

La Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio.

Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini.

Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!

Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!”                                                                         

Benedetto XVI, Papa emerito 

Febbraio 2013

 

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