Enciclica «Fratelli tutti»

Guardare gli altri come fratelli e sorelle per salvare noi e il mondo!

Nella sua terza enciclica, firmata sabato 3 ad Assisi sulla tomba di san Francesco, e diffusa domenica 4, papa Francesco propone la terapia della fraternità a un mondo malato, e non solo di Covid.

Il Poverello “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio”, scrive il Papa, ed “è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna”.

L’Enciclica mira a promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale. A partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo insieme.

La fraternità è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Una politica che, lontana dai populismi, sappia trovare soluzioni a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali e che punti ad eliminare definitivamente la fame e la tratta.

Al contempo, Papa Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti

Legate alla verità, la pace e la riconciliazione devono essere “proattive”, puntare alla giustizia attraverso il dialogo, in nome dello sviluppo reciproco. Di qui deriva la condanna che il Pontefice fa della guerra, “negazione di tutti i diritti” e non più pensabile neanche in una ipotetica forma “giusta”, perché ormai le armi nucleari, chimiche e biologiche hanno ricadute enormi sui civili innocenti.

Forte anche il rifiuto della pena di morte, definita “inammissibile”, e centrale il richiamo al perdono, connesso al concetto di memoria e di giustizia: perdonare non significa dimenticare, scrive il Pontefice, né rinunciare a difendere i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio.

Sullo sfondo dell’Enciclica c’è la pandemia da Covid-19 che – rivela Francesco – “ha fatto irruzione in maniera inattesa proprio mentre stavo scrivendo questa lettera”. Ma l’emergenza sanitaria globale è servita a dimostrare che “nessuno si salva da solo” e che è giunta davvero l’ora di “sognare come un’unica umanità” in cui siamo tutti fratelli e sorelle. 

I contenuti dei diversi capitoli dell’Enciclica

  1. “Le ombre di un mondo chiuso”. Problemi globali esigono azioni globali, no alla “cultura dei muri”, contro le tante storture dell’epoca contemporanea: la manipolazione e la deformazione di concetti come democrazia, libertà, giustizia; la perdita del senso del sociale e della storia; l’egoismo e il disinteresse per il bene comune; la prevalenza di una logica di mercato fondata sul profitto e la cultura dello scarto; la disoccupazione, il razzismo, la povertà; la disparità dei diritti e le sue aberrazioni come la schiavitù, la tratta, le donne assoggettate e poi forzate ad abortire, il traffico di organi.
  2. Un estraneo sulla strada”. L’amore costruisce ponti: l’esempio del Buon Samaritano
  3. Pensare e generare un mondo aperto”. È necessario “uscire da noi stessi” per trovare negli altri “un accrescimento di essere”, aprendoci al prossimo secondo il dinamismo della carità che ci fa tendere verso la “comunione universale” I diritti non hanno frontiere, serve etica delle relazioni internazionali per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” e per permettere a tutti di dare il meglio di sé.
  4. “Un cuore aperto al mondo intero”. Migranti: occorre una governance globale per progetti a lungo termine
  5. 5. “La migliore politica”. La politica, una delle forme più preziose della carità perché si pone al servizio del bene comune, conosce l’importanza del popolo, e tutela il lavoro, “dimensione irrinunciabile della vita sociale”. Occorre passare da una politica “verso” i poveri ad una politica “con” e “dei” poveri.
  6. “Dialogo e amicizia sociale”. Il miracolo della gentilezza, la vita come “arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché “da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile”. Il vero dialogo è quello che permette di rispettare il punto di vista dell’altro, i suoi interessi legittimi e, soprattutto, la verità della dignità umana. Il relativismo non è una soluzione, perché senza principî universali e norme morali che proibiscono il male intrinseco, le leggi diventano solo imposizioni arbitrarie
  7. “Percorsi di un nuovo incontro”. L’artigianato della pace e l’importanza del perdono: bisogna amare tutti, senza eccezioni, ma amare un oppressore significa aiutarlo a cambiare e non permettergli di continuare ad opprimere il prossimo. Anzi: chi patisce un’ingiustizia deve difendere con forza i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio. Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria, perché perdonare non significa dimenticare, ma rinunciare alla forza distruttiva del male ed al desiderio di vendetta. Mai dimenticare “orrori” come la Shoah, i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki, le persecuzioni ed i massacri etnici. Altrettanto importante è fare memoria del bene, di chi ha scelto il perdono e la fraternità.
    Mai più la guerra, fallimento dell’umanità!
    Pena di morte è inammissibile, abolirla in tutto il mondo: “L’omicida non perde la sua dignità personale – scrive il Papa – Dio ne è garante”.
  1. “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo”. Garantire libertà religiosa, diritto umano fondamentale. La violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose, bensì nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione.

Una riflessione, in particolare, l’Enciclica la fa sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato, non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principî evangelici.

L’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire “il fratello universale”.

Da lunedì 12 ottobre 2020 in Chiesa presso la buona stampa
o alla libreria Martesana potrete acquistare la nuova enciclica

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