Come è successo?

Come è successo che il dono sia diventato un fardello? Come è successo che la grazia sia diventata un problema? Come è successo che la festa sia diventata un dovere? Come è successo che la vocazione sia diventata un malessere, un disagio, un motivo di lamentela? Come è successo che la missione sia diventata una impresa frustrante?

Anche di fronte al primo annuncio delle donne i discepoli continuavano a ritenere che fosse più ragionevole la tristezza che la gioia, la delusione invece che la speranza, la rassegnazione invece che l’esultanza. Perciò ogni testimonianza contraria era inizialmente trattata come una fantasia.

Solo dopo l’evidenza del Risorto trovarono la gioia della fede.

L’esperienza della Pasqua li ha trasfigurati: quando Gesù è stato innalzato sulla croce i discepoli si sono dispersi, smarriti, spaventati, quando Gesù è salito al cielo i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24,53).

Lo Spirito come vento amico spinge al largo: le barche non aprono le vele, non sciolgono gli ormeggi.

Intimoriti dagli orizzonti della missione, chiusi nell’angustia delle consuetudini, logorati dal convivere forzato, i discepoli si ammalano di malumore e di esitazioni, di paure e di pigrizie.

Ma lo Spirito può irrompere e rinnovare la terra.

La missione, però, appare sproporzionata.

La missione infatti non è rivolta a tanti, ma a tutti: “a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”; “finché arriviamo tutti all’unità della fede”.

La missione non chiede molto, chiede tutto, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

Come faremo noi che siamo così pochi? Come faremo noi che siamo così incompiuti, imperfetti, inadeguati?

Forse ci sono suggeriti percorsi: sforzatevi di meno e fidatevi di più! Resistere alla dispersione, cercare l’intensità. Non l’impazienza dei risultati ma la prontezza nell’obbedienza.

I doni dello Spirito si compiono nel servizio all’edificazione della Chiesa. La Chiesa è il corpo di Cristo che nella vicenda storica diventa il segno.

Segno visibile a tutti, perché tutti possano riconoscere il popolo in cammino verso il Regno promesso e sentire l’attrattiva della promessa. Il corpo che è la Chiesa è segno, e perciò è organizzazione, ma la sua natura di organizzazione è a servizio della missione, accessibile a tutti, anzi invito rivolto a tutti.

Il corpo di Cristo che è la Chiesa invita tutti, ma per orientare tutti alla salvezza che è in Gesù, non per trattenere, non perché preoccupata della sua sopravvivenza, ma perché preoccupata che l’umanità non viva senza speranza.

L’incontro con Gesù risorto, l’uomo perfetto, promette il compimento dei desideri più profondi ed enigmatici. La gloria di Gesù risorto che riempie il cielo e la terra, il tempo e lo spazio, avvolge ogni persona è insegna la vita che conduce alla gioia, alla verità, all’amore.

Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano

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