Giornata della Vita – 5 febbraio 2023

Tutte le mamme in attesa di un figlio (o di un’adozione) sono invitate alle
Messe delle 10.00 in San Protaso e Gervaso e
delle 11.30 in San Carlo.

Nel weekend del 4 e 5 febbraio, in entrambe le parrocchie, in occasione della giornata della vita ci sarà:

  • la consueta vendita delle primule durante le sante messe;
  • si raccoglieranno manufatti (bavaglini, cappellini ecc) e alimenti e prodotti per l’igiene per bambini 0-2 anni da donare al Cav di Melzo.

LA MORTE NON È MAI UNA SOLUZIONE

Il diffondersi di una “cultura di morte”

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione” drammatica: dare la morte.

Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.

Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”.

Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche.

Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.

Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta.

Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra.

Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.

 

Per una “cultura di vita”

Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita.

Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa.

Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine.

Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore e servizio.

 

Ma poi, dare la morte funziona davvero?

D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace. Siamo sicuri che l’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso?

Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?

Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?

Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”

Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?

Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce?

 

La “cultura di morte”: una questione seria

Dare la morte come soluzione mette in discussione il valore della vita e della persona umana.

Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine.

Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?

 

Rinnovare l’impegno

La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse.

Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte.

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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